CANON 50 mm  f 0,95  di Marco Cavina

 
 
 
 

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Schema ottico del 50 canon

Meravigliosi anni '60 , permeati di entusiasmo, dove tutto era possibile; le case si tuffavano con slancio verso nuove sfide , le farraginose strategie di marketing a tavolino erano al di là da venire; Canon Inc. e Nippon Kogaku trovarono un fertile terreno di sfida per la supremazia ottica nella luminosità massima degli obiettivi, dato che di per se stesso non è tutto, ma come nessun altro solletica l'immaginario dell'utente, come gli straripanti Kw di potenza di un'auto sportiva; del resto nell’era dei 15 DIN la luminosità massima era un plusvalore più importante della correzione ottica globale.

Nikon mise il diamante alla corona della sua splendida SP a telemetro col Nikkor 50mm f/1,1 , ardito schema a 9 lenti con elementi sottili che rendevano la lavorazione al limite del praticabile; Canon non accusò il colpo a lungo; i tecnici lavorarono sullo schema doppio Gauss, impiegando i nuovi vetri al Lantanio ad alta rifrazione per trovare un compromesso sulla aberrazione sferica, tipica con queste aperture e diametri di lenti , senza ricorrere a curvature paraboliche (lenti asferiche) la cui lavorazione, a quei tempi, presentava costi non praticabili; ulteriori difficoltà per i progettisti furono rappresentate dal ridotto diametro dell’attacco sul corpo macchina (che limitava l’impiego di lenti posteriori di grandi dimensioni) ed i limiti dimensionali imposti per il barilotto esterno, necessari per mantenere libera la visione del mirino galileiano.

Nel 1961 vide infine la luce (è proprio il caso di dirlo...) l'incredibile Canon 50mm f/0,95, immediatamente ribattezzato Canon Dream o Dream Lens; mai era stato prodotto in serie un obiettivo di tale luminosità, al di là dell'incredibile barriera psicologica di f/1....Naturalmente altri obiettivi hanno sfoderato aperture geometriche anche maggiori; così a memoria citiamo lo Zeiss Planar 50mm f/0,7 concepito su richiesta della NASA e reso eterno dall’inarrivabile Kubrick oppure gli obiettivi per ripresa X-Ray, ricordando in ordine sparso i vari Canon XI  65mm f/0,75, De Oule Delft Rayxar 50mm f/0,75, Kowa Xray 55mm f/0,8, Leitz repro x-ray 65mm f/0,75, Rodenstock TV ed XR Heligon f/0,75 o certi FR-Nikkor per ripresa su schermi fluorescenti così come ottiche più o meno misconosciute come i vetusti Leitz Summar 7,5 cm f/0,85 e 15cm f/0,85 del tempo di guerra o i misteriosi catadiottrici sovietici risalenti alla guerra fredda  con specchio primario in berillio argentato che pare arrivassero anche ad f/0,5; tuttavia si tratta sempre di obiettivi specialistici, dal costo elevatissimo e comunque progettati per una nicchia di utilizzo estremamente circoscritta (con apertura di lavoro, rapporto di riproduzione, lunghezza d’onda della luce accuratamente prefissati, etc.) mentre il Canon 50/ f/0,95 è l’unico obiettivo prodotto in quantità ragionevoli e previsto per l’uso generico; basti pensare che è persino presente il punto di fede per la messa a fuoco con materiale sensibile all’infrarosso...

Il know-how accumulato in questo entusiasmante progetto sarà poi utile a Canon nell’era Pellix, quando l’ottica normale e retrofocus verrà spinta ad f/1,2 per supplire all’assorbimento dello specchio semitrasparente; l’apogeo della maturità tecnica verrà toccato nel 1971 con l’FD 55mm f/1,2 SSC Aspherical, mostro ad 8 lenti flottanti con superficie della seconda lente a lavorazione asferica, riconosciuto da esperti di fama mondiale del calibro di Erwin Puts come il migliore normale luminoso mai realizzato, in grado di surclassare nomi mitici come il Noctilux 50mm f/1,2.

Torniamo all’originale 50mm f/0.95; questo gioiello, nato per i modelli a telemetro Canon 7 e Canon 7S , costava all'epoca l'impegnativa cifra di 57.000 Yen, andava in macchina con una speciale baionetta a collare che s'interfacciava alle flangie supplementari esterne dell'attacco macchina, più robuste dell'attacco a vite coassiale normale (erano nate per il lunghi fuochi) e adatte a sopportare il massiccio peso dell'obiettivo (605 gr).   

L'ottica si imponeva con la sua spropositata lente frontale (passo filtri 72mm), focheggiava fino ad 1m e presentava un bel diaframma a 10 lamelle; l'antiriflessi singolo richiede pietà nel controluce o in luce ambiente in presenza di luci puntiformi; da notare che la lente posteriore è così grande che è tagliata nella parte alta (dove la proiezione sarebbe fuori campo dal fotogramma) per lasciare posto ad una camma di ottone per azionare il telemetro a funzionamento rettilineo, così come avviene nei 135mm Leitz; la finitura esterna è sobria con una laccatura nera lucida applicata anche alla ghiera di messa a fuoco, dotata di sbalzi godronati in rilievo; due anelli satinati chiari alleggeriscono il profilo e riportano i punti di fede per messa a fuoco e diaframma ed i riferimenti della profondità di campo; questa finitura verrà ripresa anche nei successivi obiettivi Canonmatic R.

Purtroppo parte della trista fama che adombra lo 0,95 è legata alla ridotta base telemetrica del corpo macchina Canon, non sufficiente a garantire una messa a fuoco precisa a brevi distanze con f/0,95, dove la profondità di campo è davvero nulla; ad inizio anni '90 sono riuscito ad adattare l'ottica per impiegarla sulle mie Leica M; eliminando la baionetta a collare esterna ed applicando un anello Leica 14097 l'accoppiamento è senz'altro possibile, l'esposizione è TTL, l'anello Leica inserisce l'apposita cornicetta 50-75mm e - dulcis in fundo - il telemetro è perfettamente compatibile perchè Canon aveva copiato lo standard Leica M; in tal modo si usufruisce della base telemetrica Leica di 49,9mm (con modelli standard 0,72), più che sufficiente alla bisogna con comoda esposizione TTL.

E’ invece impossibile adattare l’obiettivo ad un apparecchio reflex  nonostante il ridotto diametro dell’attacco; infatti il tiraggio focale all’infinito – ridottissimo, proprio dei modelli a telemetro e simile a quello delle Leica TM – è di 28,8mm , fattore che se da un lato agevola il progetto ottico dall’altro preclude la via ad altri montaggi fantasiosi; nessuno vieta, comunque, di appoggiare manualmente l’ottica alla baionetta di una reflex e di eseguire macro d’effetto sfruttando proprio l’elevatissima apertura e le aberrazioni residue per immagini fascinose con una ridottissima zona a fuoco, soprattutto con corpi digitali che permettono la visualizzazione istantanea dell’effetto.

L'obiettivo è effettivamente più luminoso del Noctilux; come ho potuto appurare, quando la Leica M6 col Canon 50mm f/0,95 dà esposizione corretta, montando il mio Noctilux 50mm f/1 si spegne uno dei led, richiedendo una ulteriore apertura del diaframma.

Pochi sanno che all'epoca Canon realizzò una intera gamma di obiettivi f/0,95 dedicati alle riprese TV o a video a circuito chiuso; non ho potuto conoscere la gamma di focali disponibili e la reale copertura di formato, suppongo inferiore al 24x36; questa ipotesi però è contraddetta da una immagine del 50mm f/0,95 in versione TV, come appare dalla didascalia frontale dell'ottica, che è del tutto simile alla versione per Canon 7 con la semplice aggiunta di un anello adattatore.  

Come lavora sul campo? Vignetta senz'altro meno del Noctilux 50mm f/1,0, grazie alla lente anteriore enorme (di contro il barilotto è un po' intrusivo nell'inquadratura); l'antiriflessi aleatorio crea un po' di flare attorno alle luci artificiali, ma questo pùò anche creare atmosfera; il contrasto a TA è molto inferiore a quello del Noctilux, ma il coma nel Canon è senz'altro meno evidente; a diaframmi centrali la nitidezza è buona, non certo grintosa come nel Summicron 50/2 per un residuo di aberrazione sferica, che d’altro canto connota l’obiettivo con passaggi allo sfuocato abbastanza dolci e graduali, gradevoli; gli angoli estremi restano sempre impastati a tutte le aperture ed i colori sono un po' caldi, ma il rendimento globale è accettabile, considerando l'anzianità e l'arditezza del progetto; certamente le versioni meno luminose Canon 50/1,2 e soprattutto 50/1,4 presentano una resa globalmente superiore, tuttavia non si può negare a Canon l’eccezionale impatto mediatico di questa realizzazione, la prima arma non convenzionale contro le tenebre; una vetrina certamente prestigiosa per l’ancora giovane brand nipponico.

                                                                                                                (MARCO CAVINA)

 

 

 

   
 

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